The Japan Times - Oltre 30 anni al Maggio, in pensione il primo violino Pierini

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Oltre 30 anni al Maggio, in pensione il primo violino Pierini
Oltre 30 anni al Maggio, in pensione il primo violino Pierini

Oltre 30 anni al Maggio, in pensione il primo violino Pierini

Ma 'non appendo i guantoni. Mehta il mio papà musicale'

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Mehta il suo "papà musicale", Sinopoli "mentore della bacchetta e un amico che ho sempre con me", il rigore ma pure la simpatia di Muti, Abbado che lo volle nella neonata orchestra del Festival di Lucerna. Senza dimenticare Enrico Sciarra, suo maestro al conservatorio a Livorno, a sua volta allievo del grande Antonio Abussi: "Sono un po' l'erede della scuola dei vecchi dinosauri" commenta sorridendo Domenico Pierini, primo violino del Maggio musicale dal 1 novembre ufficialmente in pensione: aveva 18 anni quando suonò per la prima volta con il Maggio in una produzione storica di GurreLieder di Schoenberg con Mehta e il grande attore Klaus Maria Brandauer e sempre Mehta lo invitò stabilmente a 21 anni con l'Orchestra fiorentina. Fu lui poi a sceglierlo come primo violino di spalla, ruolo ricoperto dal 1990 a oggi. Con il maestro indiano si sono 'salutati' in scena lo scorso 6 ottobre, quando Mehta è tornato a dirigere al Maggio: "'Io non ti dimentico', mi ha ripetuto più volte" racconta Pierini. Sabato 26 ottobre invece l'ultima esibizione come orchestrale del Maggio, con Gatti sul podio. In entrambi i concerti Pierini aveva nel taschino un fazzoletto rosso esibito nelle occasioni speciali. E quella di sabato "è stata una grande, memorabile serata, anche per l'esecuzione: sembra che l'Orchestra sapendo che era la mia ultima esibizione sia stata più partecipe e appassionata di sempre". E poi il pubblico: "Quando sono entrato in scena un boato, un'empatia che mi ha reso felice: quando si fa musica non c'è bisogno di parole per sentire quello che sta per accadere". Lunghissimi gli applausi alla fine, accompagnati dagli abbracci con Gatti e dai suoi ringraziamenti a tutti. "Grandissimo direttore" commenta Pierini che in mente ha però sempre il suo "papà musicale", Mehta: "Mi ha dato fiducia fin dalla prima audizione, avevo 18 anni, vide in me qualcosa, non so, del talento", spiega con un tono quasi incredulo, probabilmente perché, per le tante emozioni, ancora si sente come "nella centrifuga di una lavatrice" anche se afferma di aver "deciso di stendere i panni". "Devo la mia carriera alla fiducia e al lavoro fatto insieme a Mehta, rimane il mio punto di riferimento con tutto il rispetto per tutti gli altri direttori con cui ho suonato", tra cui Luisi, Ozawa, Sawallisch, Giulini, Previn, Abbado, Muti, "un'altra colonna portante" e di cui ricorda anche la consuetudine, quando erano in tournee con la Filarmonica della Scala in Asia, di ritrovarsi davanti ai camerini a fumare: 'Pierini, Pierini fumiamoci insieme una sigaretta' mi diceva". E poi Sinopoli, "il mio padrino per la bacchetta": Pierini si è dedicato anche alla direzione, che negli ultimi anni ha però un po' lasciato. "Con Sinopoli - ricorda - ci davamo del tu. Un grande intellettuale: studioso, compositore, medico, si stava per laureare in archeologia. Quando lo conobbi avevo 30 anni, mi ha aperto cento universi tutt'ora aperti, ho imparato tantissimo, soprattutto lo studio della personalità dei compositori". Proprio una "bellissima bacchetta d'argento" e una "Made in India" sono state il regalo della sua Orchestra del Maggio: "Forse vorrà dire che devo ricominciare? Spero siano di buon auspicio". Tra i doni anche "la partitura della Manon Lescaut che amo da morire, ultima opera diretta da Bartoletti al Maggio quando io ero spalla, da allora non più eseguita". Intanto al Maggio augura "un futuro meraviglioso e scintillante come lo furono gli anni dal Novanta al primo decennio del 2000, se lo merita". Per il suo immediato futuro ci sono invece molti progetti tra i quali i video: sta per editarne uno del Quartetto del Maggio e vuole dedicarsi a lavori che coniughino il suono con le immagini della natura. "Ma la musica resta il mio centro di gravità, non appendo i guantoni".

T.Ueda--JT